Ricorso della Regione Siciliana, nella persona del suo Presidente, dott. Raffaele Lombardo, autorizzata a costituirsi in giudizio innanzi codesta ecc.ma Corte con deliberazione della Giunta regionale n. 281 del 21 novembre 2008, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del presente atto, dall'avv. prof. Giovanni Pitruzzella e dall'avv. Franco Castaldi, elettivamente domiciliata presso l'ufficio della Regione Siciliana in Roma, via Marghera n. 36, nei confonti dello Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore. Contro la Corte dei conti, Procura regionale presso la sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana. F a t t o Giusta nota prot. n. V2004/02654/GA/329641 del 16 ottobre 2008, a firma del sostituto procuratore generale (cfr. all. 1) la Procura regionale della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, richiedeva - ai sensi dell'art. 74 T.U. Corte dei conti (r.d. 1214/1934) - alla Assemblea regionale Siciliana (di seguito A.R.S.) il parere della VI Commissione legislativa «Sanita' e servizi sociali» sull'atto aggiuntivo (cfr. «Ulteriore potenziamento del servizio S.U.E.S. 118 regionale») del 4 ottobre 2005 alla convenzione del 31 Marzo 2001 tra la Regione Siciliana e la Croce Rossa italiana (cfr. estratto, all. 5); il relativo verbale di seduta, n. 179 del 19 ottobre 2005, comprensivo di emendamenti; le generalita' complete e la residenza di deputati che avevano deliberato con voto favorevole gli emendamenti e il parere sull'atto aggiuntivo. Con nota prot. n. 009508 S.G.P.G. del 30 ottobre 2008 (cfr. all. 2) l'A.R.S. riscontrava la suddetta nota; in specie - in ottemperanza al principio di «leale collaborazione tra Istituzioni», con atto a firma del Segretario generale - l'Assemblea trasmetteva (ai sensi dell'art. 34 Reg. int. A.R.S.) il bollettino della seduta n. 179/2005, VI Commissione legislativa permanente, in quanto «atto destinato ad assicurare la pubblicita' dei lavori delle Commissioni»; tuttavia la stessa contestualmente specificava - in ossequio ad una articolata e puntuale ricostruzione «in diritto» della fattispecie - come la stessa non potesse essere utilizzata comunque per «sindacare l'attivita' politica qualsivoglia organo di quest'Assemblea regionale» (sic). A quest'ultima replicava la Procura regionale richiedente con una nota a firma del procuratore regionale e del sostituto procuratore generale (prot. n. V2004/02654/GA/331032 del 7 novembre 2008, depositata in data 10 novembre 2008; cfr. all. 3) reiterando la medesima richiesta istruttoria, come formulata ai sensi della precedente. In particolare la stessa - nell'assegnare all'A.R.S. un termine di quindici giorni (per «ragioni di giustizia», ai sensi del gia' citato art. 74, T.U. Corte dei conti) per la evasione della stessa o per la comunicazione di eventuali, diverse determinazioni dell'Organo - rilevava come a fondamento della richiesta di trasmissione dei relativi atti stesse l'accertamento di «una ipotesi di danno erariale ben specificata», esso stesso prerogativa della Procura contabile e di cui l'art. 74 T.U. avrebbe costituito indispensabile strumento procedurale, finalizzato ad «assicurare l'effettivita' dell'esercizio della giurisdizione in materia contabile» ai sensi del combinato disposto dagli artt. 101 e 103 della Costituzione. Con la nota prot. 010221 S.G.P.G. a firma del Presidente e del Segretario generale dell'A.R .S. si chiedeva, infine, alla Presidenza della Regione Siciliana - nella persona del suo Presidente pro tempore - di sollevare un conflitto di attribuzioni ai sensi degli artt. 134 della Costituzione e 39 della legge n. 87/1953. Con deliberazione n. 281 del 21 novembre 2008 (cfr. all. 4) la Giunta regionale Siciliana - preso atto della suddetta nota - deliberava di autorizzare il Presidente della regione a sollevare il predetto conflitto avverso le note n. V2004/02645/GA/329641 del 16 ottobre 2008 e n. V2004/02645/GA/33l032 del 7 novembre 2008, chiedendone altresi' la sospensione in via cautelare ex art. 40 della legge n. 87/1953. Queste le premesse «in fatto». D i r i t t o Tale breve excursus storico-ricostruttivo della vicenda oggetto del presente giudizio suggerisce - in via preliminare - di distinguere i motivi di censura secondo l'ordine che segue. 1. - Profilo procedurale o di legittimita': ammissibilita' del conflitto. L'odierno ricorrente solleva innanzi codesta ecc.ma Corte costituzionale conflitto di attribuzioni intersoggettivo, ai sensi degli artt. 39-41 della legge n. 87 del 1953, nonche' degli artt. 27-29 delle Norme integrative per i giudizi innanzi la Corte costituzionale. Come e' noto, tale particolare giudizio - nell'ambito del complessivo sistema di giustizia costituzionale italiano - e' funzionale a dirimere i conflitti che insorgano fra Stato e regione (o fra regioni) relativamente ad atti o amministrativi o interni al procedimento di formazione delle legge o, infine, anche giurisdizionali che - adottati da qualunque organo dello Stato o della regione - siano ritenuti lesivi di competenze costituzionalmente attribuite, rispettivamente, alla regione o allo Stato. L'oggetto del relativo giudizio puo' essere identificato, dunque, sia nell'atto presuntivamente invasivo sia nella competenza, statale o regionale, che si pretenda invasa: i vizi di legittimita' che si possono far valere, infatti, sono solo quelli che costituiscano altresi' violazione delle attribuzioni che la Costituzione riconosce all'Ente (cfr. sul punto A. Ruggeri ed A. Spadaro, Lineamenti di giustizia costituzionale, Torino, 2007; E. Malfatti, S. Panizza, R. Romboli, Giustizia costituzionale, Torino, 2007). Tanto premesso, codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di rilevare come «il conflitto di attribuzioni puo' essere sollevato da una regione non solo quando si contesti l'appartenenza del potere allo Stato ma anche quando venga dedotto che l'esercizio del potere abbia determinato una lesione della sfera di attribuzioni che, in base alla Costituzione, .spettano alla regione stessa [corsivo aggiunto n.d.r.]» (cfr. Corte costituzionale, 9 marzo 1989, n. 104). Nel solco di tale rilievo, la stessa ha ritenuto altresi' ammissibile un conflitto di attribuzione tra Enti avente ad oggetto un atto giurisdizionale (ex plurimis, cfr. Corte costituzionale,14 guigno 1990, n. 285; Corte costituzionale, 23 marzo 2001, n. 76) « a condizione che la stessa proporzione del conflitto non si risolva in un mezzo improprio di censura del modo di esercizio della funzione giurisdizionale, giacche' avverso gli errori in iudicando di diritto sostanziale o processuale valgono i rimedi consueti riconosciuti dagli ordinamenti processuali delle diverse giurisdizioni e non il conflitto di attribuzione [corsivo aggiunto]» (cfr. Corte costituzionale, 19 gennaio 2007, n. 7). Invero nel giudizio per conflitto di attribuzione fra Enti, l'asserita lesivita' dell'atto impugnato deve essere valutata alla stregua delle caratteristiche di «comportamento significante, imputabile allo Stato, dotato di efficacia o di rilevanza esterna, diretto ad esprimere in modo chiaro ed in equivoco la pretesa di esercitare una data competenza [corsivo aggiunto, n.d.r.]» (in tal senso, cfr. Corte costituzionale, 20 febbraio 2007, n. 39). In tal senso, la figura dei conflitti di attribuzione non concerne la sola ipotesi di contestazione dell'appartenenza del medesimo potere, rivendicato per se' da ciascuno dei soggetti contendenti, ma comprende ogni ipotesi in cui «all'illegittimo esercizio di un potere consegua la menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnata ad un altro oggetto» (cfr. nuovamente Corte costituzionale, 14 giugno 1990, n. 285); il che e' elemento sufficiente - appunto - a radicare l'interesse a ricorrere di chi contensti la legittimita' della attribuzione esercitata attraverso la sua adozione. Appare di tutta evidenza - sotto questo profilo - come nella fattispecie in esame ricorrano i suddetti presupposti oggettivi per il sollevamento del conflitto, atteso che la richiesta contenuta negli atti impugnati (i.e. le note della Procura regionale della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana) determina una lesione delle attribuzioni costituzionalmente riconosciute alla Regione Siciliana - ed, in specie, alla Assemblea regionale Siciliana - essendo possibile riscontrare, nei medesimi atti, i suddetti elementi di efficacia e rilevanza esterna in cui si esprime la pretesa (lato sensu statale) di esercitare una determinata competenza. 2.1. - Profili sostanziali o di merito (soggettivo): autonomia degli organi legislativi della regione. Ai sensi dell'art. 74 T.U. Corte dei conti (r.d. 1214/1934) «il pubblico ministero nelle istruttorie di sua competenza puo' chiedere in comunicazione atti e documenti in possesso di autorita' amministrative e giudiziarie e puo' inoltre disporre accertamenti diretti [corsivo aggiunto, n.d.r.] ». E' su tale norma che la Procura regionale della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, fonda la richiesta oggetto del presente ricorso. Per un corretto inquadramento della fattispecie in esame, dunque, e' necessario preliminarmente decodificare l'endiadi «autorita' amministrative» utilizzata dal Legislatore - alla luce della interpretazione che della stessa e' stata offerta in sede giurisprudenziale e dottrinale - al fine di stabilire se ed in che termini in essa possano essere ricompresse anche le Assemblee legislative. La premessa di tale disamina critica apuo' essere ricavata dalle stesse parole del giudice contabile, il quale ha affermato come «l'attivita' istruttoria del giudizio contabile ha come referente un corpus normativo specifico. La materia e', infatti, regolata dall'art. 74, r.d. n. 1214 del 1934, secondo cui la Corte puo' ammettere i mezzi istruttori che ritenga necessari, dell'art. 16, d.l. n. 152 del 1991, convertito nella legge n. 203 del 1991, che ha previsto che la Corte puo' disporre ispezioni ed accertamenti diretti presso le pubbliche amministrazioni [...] e dall'art. 2, comma 4, legge n. 19 del 1994, secondo cui la Corte (nell'ambito dell'esercizio delle proprie competenze giurisdizionali) puo' altresi' delegare adempimenti istruttori a funzionari delle pubbliche amministrazioni [corsivi aggiunti, n.d.r.]» (cfr. Corte dei conti, Reg. Lombardia, sez. giur., 17 maggio 2006, n. 294). Quanto al profilo c.d. «soggettivo», dunque emerge con evidenza come presupposto per la suddetta richiesta di atti e documenti e' che la stessa sia indirizzata ad «autorita' amministrative»; invero le stesse «autorita» nei confronti delle quali e' previsto che possano essere disposte altresi' «ispezioni ed accertamenti diretti». Si deve allora ritenere possibile connotare l'A.R.S. - e, di conseguenza, i relativi «organi interni» - alla stregua di una «autorita' amministrativa», nel senso fatto palese e proprio dalla predetta norma? Sul punto piace rievocare, in primo luogo, il risalente insegnamento di codesta ecc.ma Corte costituzionale, la quale «non dubita che l'Assemblea regionale Siciliana non possa essere configurata come organo amministrativo, giacche' le sue attribuzioni - cosi' come delineate nello statuto che realizza le particolari forme di autonomia previste nell'art. 116 della Costituzione - sono o legislative (artt. 14-19 dello statuto siciliano) o politiche (artt. 9, primo comma, e 20, secondo comma) e mai amministrative [...] fino al punto che anche il potere regolamentare di esecuzione delle leggi e' demandato al Governo regionale (art. 12, terzo comma) [corsivi aggiunti, n.d.r.]» (cfr. Corte e costituzionale, 10 giugno 1964, n. 66). Tale connotazione e' ripresa anche da autorevole dottrina (T. Martines, Consiglio regionale (voce), in Enc. giur., IX, 276-285) la quale - nel rilevare come le funzioni attribuite ai consigli regionali possano essere classificate in «funzioni di predisposizione normativa» (i.e. legislativa, statutaria, regolamentare); «funzioni di direzione politica» (i.e. formazione della giunta, rapporto di fiducia giunta consiglio); «funzioni esecutive» (i.e. amministrazione attiva, consultiva e di controllo) - precisa che, nella distribuzione delle relative competenze fra gli organi dell'Ente regione, all'organo legislativo (i.e. il Consiglio) sono attribuite invero solo le funzioni normative, le funzioni amministrative essendo attribuite invece agli organi esecutivi (i.e. Presidente e Giunta). Se anche alla Assemblea si volesse estendere, dunque, il mero esercizio di funzioni amministrative - mediante l'adozione di atti «materialmente e formalmente amministrativi» e/o «materialmente amministrativi e formalmente legislativi» (cfr. T. Martines, ibidem) - in ogni caso tale caratterizzazione non potrebbe ridondare anche nei confronti degli organi c.d. «ordinari» della Assemblea, e cioe' i gruppi parlamentari (sul punto cfr. Corte costituzionale, 27 luglio 2005, n. 337) e le commissioni permanenti (sul punto, invece, cfr. Corte costituzionale, 2 giugno 1994, n. 209). Proprio con riferimento alla qualifica degli organi interni alla Assemblea infatti, appare di particolare rilievo quanto precisato da codesta ecc.ma Corte: «l'esclusione delle funzioni legislative, qualsiasi sia il soggetto o l'organo che le eserciti, dagli oggetti del potere istruttorio connesso alla giurisdizione contabile ha la sua giustificazione costituzionale nel carattere primario delle predette funzioni, carattere dal quale deriva la stessa soggezione del giudice (soltanto) alle leggi, tanto se statali, quanto se regionali (art. 101 della Costituzione; v. anche Corte cost., sent. n. 285/1990). Sotto il profilo indicato, in relazione a organi non costituzionali, ancorche' di rilievo costituzionale - come l'Assemblea regionale siciliana o, in genere, i consigli regionali - che non godono, in quanto tali, di un'eccezionale esenzione dalla giurisdizione ordinaria o amministrativa, la nozione di autorita' amministrativa contenuta nell'art. 74 del regio decreto n. 1214 del 1934 va decifrata nel senso che, mentre ricomprende le attivita' delle assemblee regionali di carattere amministrativo (vale a dire, nel caso della Assemblea Siciliana, le attivita' di organizzazione degli uffici e quelle attinenti al personale dipendente), esclude, invece, dal proprio ambito le attivita' inerenti allo svolgimento delle funzioni legislative e quelle direttamente strumentali all'esercizio di queste ultime (attivita' ispettive, commissioni d'inchiesta, poteri di controllo politico, etc.) [corsivi aggiunti, n.d.r..]» (cfr. ancora una volta Corte costituzionale, 2 giugno 1994, n. 209). E' proprio alla luce di tale interpretazione «autentica» della ricordata endiadi «autorita' amministrative» - nell'ambito dell'art. 74 T.U. Corte dei conti - che la Consulta ha orientato la propria giurisprudenza in materia di «limiti alla giurisdizione contabile» (si vedano, sul punto, i nn. 3 e 4 del considerato in diritto della gia' citata sent. 209/1994: «per la verita', dall'esame della deliberazione istitutiva non risulta espressamente definita la natura della commissione destinataria della nota impugnata, ne' risultano richiamati articoli di legge o norme del regolamento assembleare a giustificazione dell'istituzione della commissione stessa. E, in effetti, quest'ultima non rientra in alcuna delle fattispecie previste dal predetto regolamento, essendo stata istituita, in data 22 marzo 1993, mediante una deliberazione del Consiglio di Presidenza ed avendo una composizione mista formata da tre deputati regionali e quattro esperti esterni all'Assemblea regionale, aventi il compito di valutare da un punto di vista tecnico le scelte operate riguardo al sistema informativo della stessa Assemblea. Si deve concludere, pertanto, che, nonostante la denominazione (Commissione d'indagine), quella in esame [...] e' piuttosto una commissione istituita extra ordinem, avente il compito di coadiuvare il Presidente dell'Assemblea con pareri tecnici in vista del miglior svolgimento della funzione tipicamente amministrativa del Presidente stesso in ordine all'organizzazione degli uffici e dei servizi dell'Assemblea regionale siciliana e all'esercizio dei connessi controlli. In considerazione della natura giuridica della commissione d'indagine esaminata e delle sue attivita', non vi puo' esser dubbio, dunque, che [...] essa rientri fra le autorita' amministrative alle quali la Procura generale presso la Corte dei conti puo' richiedere atti e documenti ai sensi dell'art. 74 del regio decreto n. 1214 del 1934 [corsivi aggiunti, ndr.]»; nello stesso senso cfr. Corte e costituzionale, 14 giugno 1990, n. 285). Contestualizzando tali ultime riflessioni giurisprudenziali nell'ambito della fattispecie in esame non e' dubbio - a contrario - che la VI Commissione legislativa «Sanita' e servizi sociali» non possa essere considerata ex se una «autorita' amministrativa» e debba essere considerata invece - sia in relazione alla sua natura giuridica sia in relazione alla attivita' svolta (sulla quale funditus infra, §2.2) - titolare della funzione legislativa e (nel caso in esame, parafrasando codesta ecc.ma Corte) altresi' esercente ulteriori funzioni «direttamente strumentali» all'esercizio di quest'ultima. 2.2. - Profili sostanziali o di merito (oggettivo): autonomia della funzione legislativa della regione. La definizione della natura degli organi interni dell'A.R.S. postula necessariamente un rinvio incidentale alle funzioni esercitate dagli stessi: la natura (oggettiva) delle funzioni ridonda, infatti, su quella (soggettiva) dell'organo. L'interdipendenza fra profilo soggettivo (i.e. la natura dell'organo) e profilo oggettivo (i.e. la natura delle attivita' di cui esso e' titolare) si esprime, infatti, nel c.d. «nesso funzionale» fra soggetto agente e funzioni connesse agli atti compiuti. Invero di tale nesso funzionale da atto anche la dottrina, laddove distingue gli atti adottati dai Consigli regionali in atti «materialmente e formalmente amministrativi» ed atti «materialmente amministrativi e formalmente legislativi» (cfr. T. Martines, op. cit.; ugualmente A. Casu, op. cit.; cfr. supra, §2.1); ed ugualmente, sul punto, codesta ecc.ma Corte ha sottolineato come, con specifico riferimento all'A.R.S., «la nozione di autorita' amministrativa [...] ricomprend[a] le attivita' delle assemblee regionali di carattere amministrativo (vale a dire [...] le attivita' di organizzazione degli uffici e quelle attinenti al personale dipendente)» (cfr. Corte costituzionale, 2 giugno 1994, n. 209) cosi' distinguendosi la posizione dei consiglieri - comunque garantiti nell'esercizio della funzione legislativa, di quella di indirizzo politico, nonche' di quelle amministrative - da quella dei componenti degli altri organi istituzionali regionali, e cio' proprio in relazione al tipo di attivita' svolta (cfr. Corte costituzionale, 27 marzo 1975, n. 81; Corte costituzionale, 20 marzo 1985, n. 69). Riguardo alla attivita' consultiva delle Assemblee legislative, attenta dottrina ha rilevato altresi' come «l'espressione di pareri su atti del Governo rappresenta certamente una delle principali manifestazioni della funzione di controllo del Parlamento nei confronti dell'esecutivo. Una funzione che costituisce, per un verso, il corollario necessario ed imprescindibile del principio della separazione dei poteri e, per l'altro verso, vanta una significativa primogenitura nei confronti delle altre funzioni imputate al potere legislativo [corsivo aggiunto, n.d.r..]» (in tal senso A. Casu, Considerazioni in tema di parere parlamentare su atti del Governo, in Il Parlamento della Repubblica: organi, procedura, apparati, Roma, Camera dei deputati, 1992, pag. 295). Nell'ambito dell'ordinamento regionale siciliano, l'esercizio della predetta funzione di controllo e' stato codificato ai sensi dell'art. 70-bis del regolamento interno dell'A.R.S. (approvato ai sensi dell'art. 4 dello statuto speciale) il cui primo comma prevede che «nei casi in cui il Governo sia tenuto per legge a richiedere un parere parlamentare in ordine ad atti che rientrano nella sua competenza, la relativa richiesta e' inoltrata al Presidente dell'Assemblea che la assegna alla Commissione competente in base alle norme della legge e del regolamento interno [corsivi aggiunti, n.d.r.]». Posto che la natura «politica» dei relativi pareri e' stata riconosciuta come tale anche dalla suprema magistratura amministrativa regionale - la quale ha rilevato come essi siano «pareri non tecnici ma lato sensu politici, frutto di piu' generali valutazioni relative agli indirizzi dell'A.R.S. in materia» e cio' proprio perche' resi da una «Commissione legislativa, la quale non e' una amministrazione preposta alla tutela di settore» (cfr. C.G.A., sez. giur., sent. 31 ottobre 1995, n. 309) - appare di tutta evidenza come la richiesta della Procura regionale della Corte dei conti interferisca nella procedura descritta proprio dal citato art. 70-bis e, di conseguenza, riguardi una attivita' per cio' sottratta al sindacato giurisdizionale del giudice contabile. Ed invero, la matrice normativa della attivita' (sub iudice) della VI Commissione legislativa deve essere identificata sia nella previsione di cui alla 1.r. n. 30/2000, secondo comma dell'art. 11 («Proroga del termine per la gestione dello sistema di emergenza e del numero unico 118 di cui al comma 1 dell'art. 39 della legge regionale 7 agosto 1997, n. 30») ai sensi del quale «l'Assessore regionale per la sanita' provvede alla stipula del nuovo contratto [...] su conforme parere favorevole espresso dalla Commissione legislativa Serviti sociali e sanitari dell'Assemblea regionale siciliana [corsivo aggiunto, n.d.r.]», sia nel secondo comma dell'art. 21 della relativa Convenzione («Convenzione per lo svolgimento delle attivita' di trasporto sanitario e di emergenza») ai sensi del quale «ogni modifica alla presente Convenzione o atto aggiuntivo ad essa dovranno essere sottoposti al preventivo parere della Commissione legislativa sanita' e serviti sociali [corsivo aggiunto, n.d.r.]». Il combinato disposto dalle suddette norme - in armonia con la previsione di cui all'art. 70-bis del regolamento interno dell'A.R.S. e, quindi, presidiato dall'art. 4 dello Statuto speciale della regione siciliana (su cui cfr. Corte costituzionale, 30 giugno 1964, n. 66: «non si nega all'Assemblea regionale Siciliana l'indipendenza nella misura necessaria ad assicurare il libero esercizio delle sue funzioni legislative e politiche: il potere di regolamento, infatti, offre la possibilita' di dettare norme di organizzazione dei servizi e degli uffici e di disciplina dei rapporti coi dipendenti secondo l'autonomo apprezzamento che l'Assemblea fa delle proprie esigenze [corsivo aggiunto, n.d.r.]») - indubitabilmente chiarisce come la VI Commissione legislativa abbia reso il suddetto parere nel pieno esercizio di una funzione di «controllo e direzione (lato sensu) politica», rientrante nell'alveo della relativa prerogativa costituzionalmente garantita. Dalla natura acclaratamente politica della funzione esercitata dunque discende - giusto il consolidato orientamento dottrinale di codesta ecc.ma Corte, cosi' come supra riferito - sia la statuizione di principio attinente alla qualifica soggettiva, ovvero alla «natura politica», dell'Organo assembleare e dei suoi organi interni sia, di conseguenza, l'esclusione della applicabilita' dell'art. 74 T.U. Corte dei conti all'A.R.S. ed alla VI Commissione legislativa: le stesse infatti non sono configurabili alla stregua di «autorita' amministrative» e non possono essere comunque legittime destinatarie della richiesta avanzata dalla Procura regionale della Corte dei conti, formulata ai sensi della predetta norma. In effetti la rilevanza del suddetto «modello funzionale» esclude la applicabilita' del citato art. 74 T.U. Corte dei conti al caso in esame: la specifica attivita' svolta dalla VI Commissione legislativa «Sanita' e servizi sociali» - in ottemperanza all'art. 21 della Convenzione, come richiamato dall'art. 11 della l.r. n. 30/2000 e dall'art. 70-bis del Reg. int. A.R.S. - non puo' essere ricondotta nell'alveo di funzioni di «organizzazione degli uffici» e/o attinenti alla «gestione del personale dipendente». La richiesta della Procura regionale ha ad oggetto, invero, una attivita' (i.e. il parere relativo alla regolamentazione e gestione del servizio di emergenza «118» da parte della Regione Siciliana) che deve ritenersi certamente ricompresa, viceversa, nell'ambito di quelle inerenti lo svolgimento delle funzioni legislative ovvero di quelle direttamente strumentali all'esercizio di queste ultime; in altri termini, attivita' qualificabili lato sensu come «politiche» (cfr. supra, § 2.1). In nessun modo tale parere - che peraltro costituisce, come espressamente riconosciuto dalla stessa Procura e come fatto palese dal richiamato combinato normativo, un atto necessario del procedimento di gestione del suddetto servizio - puo' essere ascritto, dunque, nell'alveo di quelle attivita' di carattere amministrativo in ordine alle quali trova accoglimento la nozione di «autorita' amministrativa» contenuta nell'art. 74 del r.d. 1214/1934. La rilevanza del suddetto nesso funzionale si esprime, peraltro, anche nel peculiare status dei parlamentari regionali: e' notorio, infatti, che le prerogative costituzionalmente attribuite ai membri eletti del Parlamento nazionale, ai sensi dell'art. 68, debbano ritenersi estese anche ai parlamentari regionali, giusta l'espressa previsione di cui all'art. 122, comma 4 (cfr., rispettivamente, «I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni [...] I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni»; cfr. nello Statuto speciale della Regione Siciliana: «i deputati non sono sindacabili per i voti dati nell'Assemblea regionale e per le opinioni espresse nell'esercizio della loro funzione», art. 6, r.d.l. n. 455/1946, convertito in legge cost. n. 2/1948). Come ha rilevato codesta ecc.ma Corte «le attribuzioni dei Consigli regionali si inquadrano [...] nell'esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite [...] Cosi' il legislatore costituente ha previsto all'art. 122, quarto comma, Cost., la non responsabilita' dei consiglieri regionali per le opinioni espresse ed i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni [...] spiccano tra esse la funzione legislativa e di indirizzo politico. La irresponsabilita' [...] comprende quindi certamente le opinioni ed i voti manifestati nell'esercizio delle funzioni spettanti al Consiglio [corsivi aggiunti, n.d.r.]» (cfr. Corte costituzionale, 27 marzo 1975, n. 81). In particolare, relativamente alla estensione dell'immunita' dei consiglieri regionali, Essa ha sancito come la stessa avesse ad oggetto «la funzione legislativa e quella di indirizzo politico svolte dai consigli regionali, nonche' le funzioni amministrative attribuite al consiglio« precisando, altresi', come «il criterio di delimitazione dell'immunita' [...] non [stesse] nella forma degli atti deliberati, coprendo tale immunita' oltre che la funzione legislativa anche quelle politica e amministrativa, bensi' nella fonte attributiva delle funzioni alla regione, nel senso che l'immunita' puo' essere riconosciuta solo con riferimento a funzioni o attivita' attribuite alla regione dalla Costituzione o da leggi statali [corsivi aggiunti, n.d.r.]» (cfr. Corte costituzionale, 20 marzo 1985, n. 69; in senso conforme cfr. Corte costituzionale, 20 dicembre 1994, n. 432; sui profili «oggettivi» della insindacabilita' si veda, recentemente, ex plurimis Corte costituzionale, 16 luglio 2008, n. 279). Il suddetto indirizzo ermeneutico - relativo alla limitazione della giurisdizione sotto il profilo c.d. «oggettivo» - e' stato accolto finanche dallo stesso giudice contabile, laddove questi ha affermato come «ai sensi dell'art. 6 dello statuto della Reg. Sicilia i deputati regionali non sono sindacabili per i voti dati nell'assemblea regionale e per le opinioni espresse nell'esercizio della loro funzione: tale guarentigia costituzionale comprende anche il potere di dettare norme di organkzaione dei servizi e di disciplinare i rapporti con i dipendenti secondo l'autonomo appreamento che l'assemblea fa delle proprie esigenze; va, pertanto, esclusa la giurisdizione del giudice contabile nei confronti dei deputati regionali, componenti il consiglio di presidenza dell'assemblea regionale siciliana (A.R.S.), per aver adottato norme di carattere regolamentare in materia di stato economico del personale, trattandosi di funzione loro espressamente attribuita dall'art. 4 dello statuto [corsivo aggiunto, n.d.r.]» (cfr. Corte dei conti Reg. Sicilia, sez. giur., 8 settembre 1997, n. 238). Gia' dalle premesse considerazioni pare possibile dedurre -nel caso di specie - l'infondatezza della richiesta avanzata all'A.R.S. dalla Procura regionale della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana. Ma v'e' di piu'. A suffragio di tale conclusione infatti, e' possibile richiamare ulteriori e recenti considerazioni licenziate - in un caso del tutto analogo a quello in esame - da codesta ecc.ma Corte, la quale ha stabilito come «non spetta allo Stato e, per esso, al Procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana emettere [...] ordini di esibizione diretti ai rappresentanti legali di tutti i gruppi parlamentari costituiti presso l'Assemblea regionale Siciliana, con i quali viene ordinato di esibire in forma integrale la documentazione e gli atti contabili pertinenti le contribuzioni ed i finanziamenti liquidati dall'Assemblea regionale siciliana, con conseguente annullamento degli ordini di esibizione predetti. Non sussistendo, infatti, in capo all'organo emanante un potere di controllo generalizzato e permanente, gli ordini di esibizione impugnati si distinguono per una genericita' soggettiva ed oggettiva, sintomatica di attribuzioni esercitate in modo eccedente rispetto ai confini tipizzati dall'ordinamento, si' da produrre una menomazione nella sfera presidiata dalle garanzie di autonomia della funzione legislativa della Regione ricorrente [corsivi aggiunti, n.d.r.]» (cfr. Corte costituzionale, 27 luglio 2005, n. 337). Dalle superiori considerazioni, emerge con evidenza l'obiettivo di codesta ecc.ma Corte di identificare una «area funzionale» - connotata proprio dalle particolari attribuzioni costituzionali dell'Assemblea elettiva - rispetto alla quale si deve ritenere limitato, sia soggettivamente sia oggettivamente, il potere di intervento dell'Autorita' giudiziaria ordinaria ed amministrativa. E che nell'ambito della suddetta «area funzionale» non possa incidere nemmeno la valutazione della stessa Corte - seppure di mera ragionevolezza - pare confermato nella sentenza 94 del 1995, laddove era gia' stato sancito come non spettasse comunque ad Essa di valutare eventuali incongruenze procedurali nella formazione di disposizioni di legge regionale (siciliana), in relazione all'art. 12 dello Statuto, in quanto ricavabili da distinte norme del regolamento interno dell'Assemblea regionale Siciliana (in tal senso cfr. Corte costituzionale, 30 marzo 1995, n. 94). Tanto Premesso dunque, si puo' ritenere ormai acquisito il dato per cui l'insindacabilita' parlamentare - anche a livello regionale - si estende a tutti «quei comportamenti che, pur non rientrando fra gli atti tipici, siano collegati da nesso funzionale con l'esercizio delle attribuzioni proprie dell'organo di appartenenza» (cfr. Corte costituzionale, 22 ottobre 1999, n. 391). Ed e' nel solco di tale giurisprudenza che si iscrivono, allora, anche quelle note dottrinali volte ad indicare quali siano le attivita' (regionali) coperte dall'insindacabilita', configurandosi cosi' una omogenea categoria di atti che «costituiscono esplicazione di una funzione affidata a[l Consiglio] dalla stessa Costituzione o da altre fonti normative cui la stessa rinvia» (in tal senso si veda A. Pertici, Art. 122, in R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti [a cura di], Commentario alla Costituzione, Torino, 2006, pag. 2444; ivi si veda, altresi', M. Cerase, Art. 68); certamente rientrano nella suddetta categoria l'attivita' legislativa, quella di vigilanza e di controllo; l'attivita' amministrativa e di autorganizzazione interna (cfr. A. Pertici, ibidem, e giurisprudenza ivi citata). Con particolare riferimento, poi, all'ampio potere che il Procuratore della Corte dei conti ha nei giudizi di responsabilita' per danno erariale, sempre la dottrina ha sottolineato come lo stesso debba essere esercitato comunque in presenza di fatti o di notizie che facciano presumere comportamenti di pubblici funzionari ipoteticamente configuranti illeciti produttivi di danno erariale e deve essere diretto ad acquisire atti o documenti precisamente individuabili, di modo che l'attivita' del procuratore cui tali richieste ineriscono non possa essere considerata come una impropria attivita' di controllo generalizzata e permanente. Sicche' tale attivita' inquisitoria, ove non suffragata da elementi concreti e specifici - poiche' svolta sulla base di mere ipotesi ed astratte supposizioni, in relazione ad un intero settore di attivita' amministrativa - trasmoderebbe in una vera e propria attivita' di controllo da parte di un organo che, per legge, non e' abilitato ad effettuarlo (cfr. M. Pieroni, La giurisprudenza della Corte costituzionale del 2005 in tema di giurisdizione della Corte dei conti: la pronuncia n. 337, in Foro amm., 2005, 12, 3558; ed ivi la giurisprudenza citata; in particolare cfr. Corte cost., sentt. nn. 104/1989, 100/1995, 209/1994). Posto dunque che l'ordinamento interno dell'A.R.S. incontra il solo limite della Costituzione e dello statuto speciale, pare evidente - alla stregua delle superiori considerazioni problematiche - che la suddetta area funzionale, sulla quale si estende il vincolo di insindacabilita', configuri un limite di carattere «oggettivo», e non gia' solo «soggettivo», all'esplicazione del potere (anche meramente istruttorio) dall'Autorita' giudiziaria. Impostazione confermata, peraltro, dalla citata giurisprudenza di merito -amministrativa e contabile siciliana - laddove essa ha rilevato come oggetto del sindacato giurisdizionale puo' essere solo la conformita' dei provvedimenti adottati dagli organi di autogoverno con le disposizioni contenute nei regolamenti interni, approvati sulla base della potesta' normativa della Assemblea. 3. - Profili di legittimita' e di merito: oggetto e limiti della giurisdizione contabile (cenni); genericita' della richiesta. Per completezza espositiva corre l'obbligo di rassegnare brevemente oggetto e limiti della giurisdizione contabile e del relativo controllo, in quanto afferenti alla risoluzione della fattispecie in esame. Il raccordo fra limite «soggettivo» ed «oggettivo» alla controllo esercitato dalla Corte dei conti - cosi' come rassegnato sub §2.1 e 2.2 - puo' essere ricondotto, infatti, proprio ai confini tracciati dal Legislatore ed, a fortiori, dalla dottrina e dalla giurisprudenza intorno alle funzioni del Giudice contabile. Come e' noto la Corte dei conti e' titolare (ex art. 103 Cost.) della funzione giurisdizionale contabile; l'esercizio di tale funzione e' integralmente disciplinato dagli artt. 44 e seguenti del T.U. Corte dei conti (oltreche' dal regolamento di procedura del 1933) e si estende dal giudizio sugli agenti contabili dello Stato, alle ipotesi di irregolarita' di gestione e di comportamenti dannosi posti in essere dai funzionari: sotto questo profilo la Costituzione ha prefigurato il giudice contabile alla stregua di un «giudice amministrativo speciale», titolare della «giurisdizione nelle materie di contabilita' pubblica e nelle altre specificate dalla legge» (cfr. A. Bax, La Corte dei conti, Napoli, 2004, pag. 153; Domenichelli, I giudizi della Corte dei conti, in AA.VV., Diritto amministrativo, pag. 2125). A fronte della sua vis expansiva, i confini di tale giurisdizione - che la menzionata dottrina definisce, altresi', come «piena, esclusiva e tendenzialmente generale» - sono stati ricondotti alle sole materie espressamente previste dal Legislatore proprio da codesta ecc.ma Corte, la quale ha stabilito come «la Corte dei conti e' titolare di giurisdizione sulle materie di contabilita' pubblica, comprendente sia i giudizi di conto sia quelli di responsabilita' a carico degli impiegati e degli agenti contabili dello Stato e degli enti pubblici economici. La materia della contabilita' pubblica e' sufficientemente individuata nell'elemento soggettivo (amministrazione pubblica soggetto passivo del danno) e nell'elemento oggettivo (qualificazione pubblica del denaro e del bene oggetto della gestione). Peraltro, anche in tale materia, la giurisdizione della Corte dei conti e' solo tendenzialmente generale e sono sempre possibili deroghe mediante apposite disposizioni legislative. Comunque l'attribuzione di giurisdizione alla Corte dei conti postula puntuali disposizioni legislative, tenuto conto che in difetto di tali disposizioni la giurisdizione spetta al giudice ordinario, che normalmente conosce delle controversie in materia di diritti soggettivi [corsivi aggiunti, n.d.r.]» (cfr. Corte costituzionale, 30 dicembre 1987, n. 641). La suddetta delimitazione legislativa dell'oggetto della giurisdizione contabile - peraltro in linea con il tendenziale abbandono del c.d. «criterio della causa petendi» per la identificazione della competenza giurisdizionale (su cui si veda F. Caringella, Il riparto di giurisdizione in base al criterio della causa petendi, in Trattato di giustizia amministrativa. Il riparto di giurisdizione, II ed., Milano, pag. 123; in giurisprudenza cfr. Cons. di Stato, ad. plen. n. 1/2000) - ed il contestuale allineamento della stessa con quella ordinaria ed amministrativa, giusta la omogenea previsione di cui al secondo comma dell'art. 111 Cost., esclude in limine quindi che la cognizione della Corte dei conti possa estendersi aldila' dei confini espressamente stabiliti dal Legislatore; ne discende, altresi', che i suddetti limiti si estendono ai modi di esercizio della giurisdizione - anche in sede istruttoria - nel rispetto delle medesime previsioni normative. Alla luce di tale premessa ermeneutica - senza entrare nel merito della nozione di «controllo» per la quali si rinvia, volendo, a G. Berti e L. Tumiati, Controlli amministrativi (voce), ed S. Galeotti, Controlli costituzionali (voce), in Enc. giur., X, pagg. 298 e ss.) - deve essere interpretato, dunque, il gia' citato articolo 74 del T.U. Corte dei conti. Rispetto alla relativa collocazione (Titolo II, «Attribuzioni della Corte dei conti»; Capo V, «Attribuzioni giurisdizionali»; Sezione IX, «Norme comuni») i mezzi istruttori previsti dalla citata norma - ed i connessi, pur ampi, poteri del p.m. - non possono che articolarsi entro i limiti stabiliti, nell'ambito dell'ordinamento giuridico, dalla Costituzione e dalle leggi (anche attraverso l'interpretazione resa da codesta ecc.ma Corte). Nel caso in esame, invero, tali previsioni - e conseguenti limiti - sono quelle di cui ai gia' citati artt. 4 e 6 dello Statuto speciale della Regione Siciliana, 70-bis del regolamento interno dell'A.R.S. e - di riflesso - gli artt. 68, 122 e 103 della Costituzione; nonche' lesi risultano - nella medesima prospettiva - l'artt. 12 dello statuto speciale e gli artt. 5 e 116 della Costituzione. Quanto al merito della richiesta, e' opportuno richiamare in questa sede il recente ammonimento di codesta ecc.ma Corte la quale - ritenendo non sussistente in capo alla Corte dei conti (rectius, alla Procura regionale) un «potere di controllo generalizzato e permanente» - ha ritenuto che non spettasse allo Stato e, per esso, al Procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana «emettere ordini di esibizione diretti ai rappresentanti legali di tutti i gruppi parlamentari costituiti presso l'Assemblea regionale Siciliana», in quanto connotati da «genericita' soggettiva ed oggettiva», dunque «sintomatica di attribuzioni esercitate in modo eccedente rispetto ai confini tipizzati dall'ordinamento, si da produrre una menomazione nella sfera presidiata dalle garanzie di autonomia della funzione legislativa della regione». Alla luce di tale considerazione deve essere interpretata, invero, la predetta richiesta. Ed, in tal senso, non si puo' fare a meno di rilevare come, nonostante la Procura regionale motivi la stessa «per ragioni di giustizia» e la fondi «sull'accertamento di una ipotesi di danno erariale ben specificata» - accertamento, per vero, riservato alla potesta' giudiziaria del p.m. contabile e prerogativa della medesima autorita' - cosi' riservandosi in via esclusiva il sindacato sugli ambiti di utilizzabilita' degli atti istruttori (sui predetti punti si veda all. 1, lett. a-f), la ratio sottesa alla medesima richiesta documentale resta implicita e, dunque, generica rispetto alle finalita' istruttorie cui sarebbe preordinata. Non e' dato riscontrare, infatti, in alcuno dei passaggi delle note impugnate - assolutamente laconica la prima; solo parzialmente articolata la seconda e, per lo piu', solo in quanto contraddittoria rispetto alla replica dell'A.R.S. - il contenuto minimo essenziale richiesto da codesta ecc.ma Corte per fondare la richiesta, aldila' di possibili lesioni delle competenze regionali. 4. - Sospensione cautelare degli effetti degli atti impugnati: perticulum in mora. In conclusione, alla luce di tali ultime osservazioni, restano ferme le considerazioni licenziate supra §2.1, circa la incompatibilita' «soggettiva» tra la natura degli Enti de quibus (A.R.S. e VI Commissione legislativa) e la normativa invocata a sostegno della richiesta di produzione documentale nonche' (supra §2) quelle relative alla incompatibilita' «oggettiva», relativamente al rapporto tra attivita' svolta e sindacato giurisdizionale (contabile). Poste le suddette premesse - nelle quali si compendia ex se il fumus boni iuris - risulta evidente come la produzione degli effetti delle note della Procura regionale della Corte dei conti, prott. nn. V2004/02654/GA/329641 e V2004/02654/GA/331032, determinerebbe una grave lesione nel procedimento legislativamente previsto per la modifica della Convenzione fra la Regione Siciliana e la C.R.I. per la gestione del numero unico 118; invero costituendo il parere in oggetto, come evidenziato supra, §2.1 e 2.2, elemento necessario per l'integrazione della suddetta Convenzione - qualora il procedimento istruttorio instaurato dalla Procura regionale dovesse interferire con lo stesso, determinandone la sospensione o il rallentamento, ne risulterebbe grave nocumento non solo per l'adeguata operativita' del servizio de quo (la cui rilevanza civile e sociale e' in re ipsa) ma anche per il corretto svolgimento delle funzioni dell'Ente regione.