Ricorso  della  Regione  Siciliana,   nella   persona   del   suo
Presidente, dott. Raffaele Lombardo,  autorizzata  a  costituirsi  in
giudizio innanzi codesta ecc.ma Corte con deliberazione della  Giunta
regionale n. 281 del 21 novembre 2008, rappresentata e difesa, giusta
procura  a  margine  del  presente  atto,  dall'avv.  prof.  Giovanni
Pitruzzella e dall'avv. Franco  Castaldi,  elettivamente  domiciliata
presso l'ufficio della Regione Siciliana in Roma, via Marghera n. 36,
nei confonti dello Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei
ministri pro tempore. 
    Contro la Corte dei conti, Procura regionale  presso  la  sezione
giurisdizionale per la Regione Siciliana. 
                              F a t t o 
    Giusta nota prot. n. V2004/02654/GA/329641 del 16 ottobre 2008, a
firma del sostituto procuratore generale (cfr.  all.  1)  la  Procura
regionale della Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la
Regione Siciliana, richiedeva - ai sensi dell'art. 74 T.U. Corte  dei
conti (r.d. 1214/1934)  -  alla  Assemblea  regionale  Siciliana  (di
seguito A.R.S.) il parere della VI Commissione legislativa «Sanita' e
servizi sociali» sull'atto aggiuntivo (cfr. «Ulteriore  potenziamento
del servizio  S.U.E.S.  118  regionale»)  del  4  ottobre  2005  alla
convenzione del 31 Marzo 2001 tra la Regione  Siciliana  e  la  Croce
Rossa italiana (cfr.  estratto,  all.  5);  il  relativo  verbale  di
seduta, n. 179 del 19 ottobre 2005, comprensivo  di  emendamenti;  le
generalita'  complete  e  la  residenza  di  deputati   che   avevano
deliberato con voto favorevole gli emendamenti e il parere  sull'atto
aggiuntivo. 
    Con nota prot. n. 009508 S.G.P.G. del 30 ottobre 2008 (cfr.  all.
2) l'A.R.S. riscontrava la suddetta nota; in specie - in ottemperanza
al principio di «leale collaborazione tra Istituzioni»,  con  atto  a
firma del Segretario generale -  l'Assemblea  trasmetteva  (ai  sensi
dell'art.  34  Reg.  int.  A.R.S.)  il  bollettino  della  seduta  n.
179/2005, VI Commissione  legislativa  permanente,  in  quanto  «atto
destinato ad assicurare la pubblicita' dei lavori delle Commissioni»;
tuttavia la stessa contestualmente specificava - in ossequio  ad  una
articolata e puntuale ricostruzione «in diritto» della fattispecie  -
come la stessa non potesse essere utilizzata comunque per  «sindacare
l'attivita'   politica   qualsivoglia   organo   di   quest'Assemblea
regionale» (sic). 
    A quest'ultima replicava la Procura regionale richiedente con una
nota a firma del procuratore regionale e  del  sostituto  procuratore
generale  (prot.  n.  V2004/02654/GA/331032  del  7  novembre   2008,
depositata in data 10 novembre  2008;  cfr.  all.  3)  reiterando  la
medesima  richiesta  istruttoria,  come  formulata  ai  sensi   della
precedente. 
    In particolare la stessa - nell'assegnare all'A.R.S.  un  termine
di quindici giorni (per «ragioni di giustizia»,  ai  sensi  del  gia'
citato art. 74, T.U. Corte dei conti) per la evasione della stessa  o
per la comunicazione di eventuali, diverse determinazioni dell'Organo
- rilevava come a fondamento  della  richiesta  di  trasmissione  dei
relativi atti stesse l'accertamento di «una ipotesi di danno erariale
ben specificata», esso stesso prerogativa della Procura  contabile  e
di cui l'art. 74 T.U.  avrebbe  costituito  indispensabile  strumento
procedurale, finalizzato ad «assicurare l'effettivita' dell'esercizio
della giurisdizione in materia  contabile»  ai  sensi  del  combinato
disposto dagli artt. 101 e 103 della Costituzione. 
    Con la nota prot. 010221 S.G.P.G. a firma del  Presidente  e  del
Segretario generale dell'A.R .S. si chiedeva, infine, alla Presidenza
della Regione Siciliana  -  nella  persona  del  suo  Presidente  pro
tempore - di sollevare un conflitto di attribuzioni  ai  sensi  degli
artt. 134 della Costituzione e 39 della legge n. 87/1953. 
    Con deliberazione n. 281 del 21 novembre 2008 (cfr.  all.  4)  la
Giunta regionale  Siciliana  -  preso  atto  della  suddetta  nota  -
deliberava di autorizzare il Presidente della regione a sollevare  il
predetto conflitto avverso le note n.  V2004/02645/GA/329641  del  16
ottobre  2008  e  n.  V2004/02645/GA/33l032  del  7  novembre   2008,
chiedendone altresi' la sospensione in via cautelare ex art. 40 della
legge n. 87/1953. 
    Queste le premesse «in fatto». 
                            D i r i t t o 
    Tale breve excursus storico-ricostruttivo della  vicenda  oggetto
del  presente  giudizio  suggerisce  -  in  via  preliminare   -   di
distinguere i motivi di censura secondo l'ordine che segue. 
    1. - Profilo procedurale o di  legittimita':  ammissibilita'  del
conflitto. 
    L'odierno  ricorrente  solleva  innanzi  codesta   ecc.ma   Corte
costituzionale conflitto di attribuzioni  intersoggettivo,  ai  sensi
degli artt. 39-41 della legge n. 87 del  1953,  nonche'  degli  artt.
27-29  delle  Norme  integrative  per  i  giudizi  innanzi  la  Corte
costituzionale. 
    Come  e'  noto,  tale  particolare  giudizio  -  nell'ambito  del
complessivo  sistema  di  giustizia  costituzionale  italiano  -   e'
funzionale a dirimere i conflitti che insorgano fra Stato  e  regione
(o fra regioni) relativamente ad atti o amministrativi o  interni  al
procedimento   di   formazione   delle   legge   o,   infine,   anche
giurisdizionali che - adottati da  qualunque  organo  dello  Stato  o
della   regione   -   siano    ritenuti    lesivi    di    competenze
costituzionalmente attribuite, rispettivamente, alla regione  o  allo
Stato. 
    L'oggetto del relativo giudizio puo' essere identificato, dunque,
sia nell'atto presuntivamente invasivo sia nella competenza,  statale
o regionale, che si pretenda invasa: i vizi di  legittimita'  che  si
possono far valere,  infatti,  sono  solo  quelli  che  costituiscano
altresi' violazione delle attribuzioni che la Costituzione  riconosce
all'Ente (cfr. sul punto A. Ruggeri  ed  A.  Spadaro,  Lineamenti  di
giustizia costituzionale, Torino, 2007; E. Malfatti, S.  Panizza,  R.
Romboli, Giustizia costituzionale, Torino, 2007). 
    Tanto premesso, codesta ecc.ma Corte ha avuto  modo  di  rilevare
come «il conflitto di  attribuzioni  puo'  essere  sollevato  da  una
regione non solo quando si contesti l'appartenenza  del  potere  allo
Stato ma anche quando venga dedotto che l'esercizio del potere  abbia
determinato una lesione della sfera di attribuzioni che, in base alla
Costituzione,  .spettano  alla  regione  stessa   [corsivo   aggiunto
n.d.r.]» (cfr. Corte costituzionale, 9 marzo 1989, n. 104). Nel solco
di tale rilievo,  la  stessa  ha  ritenuto  altresi'  ammissibile  un
conflitto  di  attribuzione  tra  Enti  avente  ad  oggetto  un  atto
giurisdizionale (ex plurimis,  cfr.  Corte  costituzionale,14  guigno
1990, n. 285; Corte  costituzionale,  23  marzo  2001,  n.  76)  «  a
condizione che la stessa proporzione del conflitto non si risolva  in
un mezzo improprio di censura del modo di  esercizio  della  funzione
giurisdizionale, giacche' avverso gli errori in iudicando di  diritto
sostanziale o processuale  valgono  i  rimedi  consueti  riconosciuti
dagli ordinamenti processuali delle diverse giurisdizioni  e  non  il
conflitto   di   attribuzione   [corsivo   aggiunto]»   (cfr.   Corte
costituzionale, 19 gennaio 2007, n. 7). 
    Invero nel giudizio  per  conflitto  di  attribuzione  fra  Enti,
l'asserita lesivita' dell'atto impugnato deve  essere  valutata  alla
stregua  delle  caratteristiche   di   «comportamento   significante,
imputabile allo Stato, dotato di efficacia o  di  rilevanza  esterna,
diretto ad esprimere in modo chiaro ed  in  equivoco  la  pretesa  di
esercitare una data competenza [corsivo aggiunto,  n.d.r.]»  (in  tal
senso, cfr. Corte costituzionale, 20 febbraio 2007, n.  39).  In  tal
senso, la figura dei conflitti di attribuzione non concerne  la  sola
ipotesi  di  contestazione  dell'appartenenza  del  medesimo  potere,
rivendicato  per  se'  da  ciascuno  dei  soggetti  contendenti,   ma
comprende ogni ipotesi in cui «all'illegittimo esercizio di un potere
consegua   la   menomazione   di   una    sfera    di    attribuzioni
costituzionalmente assegnata ad un altro  oggetto»  (cfr.  nuovamente
Corte costituzionale, 14 giugno 1990, n. 285);  il  che  e'  elemento
sufficiente - appunto - a radicare l'interesse  a  ricorrere  di  chi
contensti la legittimita' della attribuzione esercitata attraverso la
sua adozione. 
    Appare di tutta evidenza - sotto  questo  profilo  -  come  nella
fattispecie in esame ricorrano i suddetti presupposti  oggettivi  per
il sollevamento del conflitto,  atteso  che  la  richiesta  contenuta
negli atti impugnati (i.e. le  note  della  Procura  regionale  della
Corte dei conti, sezione giurisdizionale per  la  Regione  Siciliana)
determina   una   lesione   delle   attribuzioni   costituzionalmente
riconosciute alla Regione Siciliana - ed, in specie,  alla  Assemblea
regionale Siciliana - essendo  possibile  riscontrare,  nei  medesimi
atti, i suddetti elementi di efficacia e rilevanza esterna in cui  si
esprime la pretesa (lato sensu statale) di esercitare una determinata
competenza. 
    2.1. - Profili sostanziali o di  merito  (soggettivo):  autonomia
degli organi legislativi della regione. 
    Ai sensi dell'art. 74 T.U. Corte dei conti (r.d.  1214/1934)  «il
pubblico ministero nelle istruttorie di sua competenza puo'  chiedere
in  comunicazione  atti  e  documenti  in   possesso   di   autorita'
amministrative e giudiziarie e  puo'  inoltre  disporre  accertamenti
diretti [corsivo aggiunto, n.d.r.] ». E' su tale norma che la Procura
regionale della Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la
Regione Siciliana, fonda la richiesta oggetto del presente ricorso. 
    Per un corretto inquadramento della fattispecie in esame, dunque,
e'  necessario  preliminarmente  decodificare  l'endiadi   «autorita'
amministrative»  utilizzata  dal  Legislatore  -  alla   luce   della
interpretazione  che  della  stessa  e'   stata   offerta   in   sede
giurisprudenziale e dottrinale - al fine di stabilire se  ed  in  che
termini  in  essa  possano  essere  ricompresse  anche  le  Assemblee
legislative. 
    La premessa di tale disamina critica apuo' essere ricavata  dalle
stesse parole del giudice  contabile,  il  quale  ha  affermato  come
«l'attivita' istruttoria del giudizio contabile ha come referente  un
corpus  normativo  specifico.  La  materia  e',   infatti,   regolata
dall'art. 74, r.d. n. 1214  del  1934,  secondo  cui  la  Corte  puo'
ammettere i mezzi istruttori che  ritenga  necessari,  dell'art.  16,
d.l. n. 152 del 1991, convertito nella legge n. 203 del 1991, che  ha
previsto che la Corte puo' disporre ispezioni ed accertamenti diretti
presso le pubbliche amministrazioni [...] e  dall'art.  2,  comma  4,
legge  n.  19  del  1994,   secondo   cui   la   Corte   (nell'ambito
dell'esercizio  delle  proprie   competenze   giurisdizionali)   puo'
altresi' delegare adempimenti istruttori a funzionari delle pubbliche
amministrazioni [corsivi aggiunti, n.d.r.]» (cfr.  Corte  dei  conti,
Reg. Lombardia, sez. giur., 17 maggio 2006, n. 294). 
    Quanto al profilo c.d. «soggettivo», dunque emerge  con  evidenza
come presupposto per la suddetta richiesta di atti e documenti e' che
la stessa sia indirizzata ad «autorita'  amministrative»;  invero  le
stesse «autorita» nei confronti delle quali e' previsto  che  possano
essere disposte altresi' «ispezioni ed accertamenti diretti». 
    Si deve allora ritenere possibile  connotare  l'A.R.S.  -  e,  di
conseguenza, i relativi  «organi  interni»  -  alla  stregua  di  una
«autorita' amministrativa», nel senso fatto palese  e  proprio  dalla
predetta norma? 
    Sul  punto  piace  rievocare,  in  primo  luogo,   il   risalente
insegnamento di codesta ecc.ma Corte costituzionale,  la  quale  «non
dubita  che  l'Assemblea  regionale  Siciliana   non   possa   essere
configurata come organo amministrativo, giacche' le sue  attribuzioni
- cosi' come delineate nello  statuto  che  realizza  le  particolari
forme di autonomia previste nell'art. 116 della Costituzione - sono o
legislative (artt. 14-19 dello statuto siciliano) o politiche  (artt.
9, primo comma, e 20, secondo comma) e mai amministrative [...]  fino
al punto che anche il potere regolamentare di esecuzione delle  leggi
e' demandato al Governo regionale (art.  12,  terzo  comma)  [corsivi
aggiunti, n.d.r.]» (cfr. Corte e costituzionale, 10 giugno  1964,  n.
66). 
    Tale connotazione e' ripresa anche  da  autorevole  dottrina  (T.
Martines, Consiglio regionale (voce), in Enc. giur., IX, 276-285)  la
quale  -  nel  rilevare  come  le  funzioni  attribuite  ai  consigli
regionali possano essere classificate in «funzioni di predisposizione
normativa» (i.e. legislativa, statutaria,  regolamentare);  «funzioni
di direzione politica» (i.e. formazione  della  giunta,  rapporto  di
fiducia giunta consiglio); «funzioni esecutive» (i.e. amministrazione
attiva, consultiva e di controllo) - precisa che, nella distribuzione
delle  relative  competenze  fra  gli   organi   dell'Ente   regione,
all'organo legislativo (i.e. il  Consiglio)  sono  attribuite  invero
solo  le  funzioni  normative,  le  funzioni  amministrative  essendo
attribuite invece agli organi esecutivi (i.e. Presidente e Giunta). 
    Se anche alla Assemblea si volesse  estendere,  dunque,  il  mero
esercizio di funzioni amministrative - mediante  l'adozione  di  atti
«materialmente  e  formalmente  amministrativi»  e/o   «materialmente
amministrativi e formalmente legislativi» (cfr. T. Martines,  ibidem)
- in ogni caso tale caratterizzazione non  potrebbe  ridondare  anche
nei confronti degli organi c.d. «ordinari» della Assemblea, e cioe' i
gruppi parlamentari (sul punto cfr. Corte costituzionale,  27  luglio
2005, n. 337) e le commissioni permanenti (sul  punto,  invece,  cfr.
Corte costituzionale, 2 giugno 1994, n. 209). 
    Proprio con riferimento alla qualifica degli organi interni  alla
Assemblea infatti, appare di particolare rilievo quanto precisato  da
codesta  ecc.ma  Corte:  «l'esclusione  delle  funzioni  legislative,
qualsiasi sia il soggetto o l'organo che le eserciti,  dagli  oggetti
del potere istruttorio connesso alla giurisdizione  contabile  ha  la
sua  giustificazione  costituzionale  nel  carattere  primario  delle
predette funzioni, carattere dal quale deriva  la  stessa  soggezione
del giudice (soltanto)  alle  leggi,  tanto  se  statali,  quanto  se
regionali (art. 101 della Costituzione; v. anche Corte  cost.,  sent.
n. 285/1990). 
    Sotto  il  profilo  indicato,   in   relazione   a   organi   non
costituzionali,  ancorche'   di   rilievo   costituzionale   -   come
l'Assemblea regionale siciliana o, in genere, i consigli regionali  -
che non godono, in quanto tali,  di  un'eccezionale  esenzione  dalla
giurisdizione ordinaria o amministrativa,  la  nozione  di  autorita'
amministrativa contenuta nell'art. 74 del regio decreto n.  1214  del
1934 va decifrata nel senso  che,  mentre  ricomprende  le  attivita'
delle assemblee regionali di carattere amministrativo (vale  a  dire,
nel caso della Assemblea Siciliana, le  attivita'  di  organizzazione
degli uffici e quelle attinenti al  personale  dipendente),  esclude,
invece, dal proprio ambito le  attivita'  inerenti  allo  svolgimento
delle  funzioni  legislative  e   quelle   direttamente   strumentali
all'esercizio di  queste  ultime  (attivita'  ispettive,  commissioni
d'inchiesta, poteri di controllo politico, etc.)  [corsivi  aggiunti,
n.d.r..]» (cfr. ancora una volta Corte costituzionale, 2 giugno 1994,
n. 209). 
    E' proprio alla luce di tale  interpretazione  «autentica»  della
ricordata endiadi «autorita' amministrative» - nell'ambito  dell'art.
74 T.U. Corte dei conti - che la Consulta  ha  orientato  la  propria
giurisprudenza in materia di «limiti  alla  giurisdizione  contabile»
(si vedano, sul punto, i nn. 3 e 4 del considerato in  diritto  della
gia'  citata  sent.  209/1994:  «per  la  verita',  dall'esame  della
deliberazione istitutiva non risulta espressamente definita la natura
della commissione destinataria della nota  impugnata,  ne'  risultano
richiamati articoli di legge o norme del  regolamento  assembleare  a
giustificazione dell'istituzione  della  commissione  stessa.  E,  in
effetti,  quest'ultima  non  rientra  in  alcuna  delle   fattispecie
previste dal predetto regolamento, essendo stata istituita,  in  data
22 marzo 1993, mediante una deliberazione del Consiglio di Presidenza
ed avendo una composizione mista formata da tre deputati regionali  e
quattro esperti esterni all'Assemblea regionale, aventi il compito di
valutare da un punto di vista tecnico le scelte operate  riguardo  al
sistema informativo  della  stessa  Assemblea.  Si  deve  concludere,
pertanto, che, nonostante la denominazione (Commissione  d'indagine),
quella in esame [...] e' piuttosto una  commissione  istituita  extra
ordinem, avente il compito di coadiuvare il Presidente dell'Assemblea
con pareri tecnici in vista del miglior  svolgimento  della  funzione
tipicamente  amministrativa   del   Presidente   stesso   in   ordine
all'organizzazione  degli  uffici  e   dei   servizi   dell'Assemblea
regionale  siciliana  e  all'esercizio  dei  connessi  controlli.  In
considerazione della natura giuridica  della  commissione  d'indagine
esaminata e delle sue attivita', non vi puo'  esser  dubbio,  dunque,
che [...] essa rientri fra le autorita' amministrative alle quali  la
Procura generale presso la Corte dei conti  puo'  richiedere  atti  e
documenti ai sensi dell'art. 74 del regio decreto n.  1214  del  1934
[corsivi  aggiunti,  ndr.]»;  nello  stesso  senso   cfr.   Corte   e
costituzionale, 14 giugno 1990, n. 285). 
    Contestualizzando  tali  ultime   riflessioni   giurisprudenziali
nell'ambito della fattispecie in esame non e' dubbio - a contrario  -
che la VI Commissione legislativa «Sanita'  e  servizi  sociali»  non
possa essere considerata ex se una «autorita' amministrativa» e debba
essere  considerata  invece  -  sia  in  relazione  alla  sua  natura
giuridica  sia  in  relazione  alla  attivita'  svolta  (sulla  quale
funditus infra, §2.2) - titolare della funzione  legislativa  e  (nel
caso in esame, parafrasando codesta ecc.ma Corte) altresi'  esercente
ulteriori  funzioni  «direttamente  strumentali»   all'esercizio   di
quest'ultima. 
    2.2. - Profili sostanziali o  di  merito  (oggettivo):  autonomia
della funzione legislativa della regione. 
    La definizione della  natura  degli  organi  interni  dell'A.R.S.
postula  necessariamente  un   rinvio   incidentale   alle   funzioni
esercitate  dagli  stessi:  la  natura  (oggettiva)  delle   funzioni
ridonda,    infatti,    su    quella    (soggettiva)     dell'organo.
L'interdipendenza fra profilo soggettivo (i.e. la natura dell'organo)
e profilo oggettivo (i.e. la natura delle attivita' di  cui  esso  e'
titolare) si  esprime,  infatti,  nel  c.d.  «nesso  funzionale»  fra
soggetto agente e funzioni connesse agli atti compiuti. 
    Invero di tale  nesso  funzionale  da  atto  anche  la  dottrina,
laddove distingue gli atti adottati dai Consigli  regionali  in  atti
«materialmente e formalmente amministrativi» ed  atti  «materialmente
amministrativi e formalmente  legislativi»  (cfr.  T.  Martines,  op.
cit.; ugualmente A. Casu, op. cit.; cfr. supra, §2.1); ed ugualmente,
sul punto, codesta ecc.ma Corte ha sottolineato come,  con  specifico
riferimento all'A.R.S., «la nozione di autorita' amministrativa [...]
ricomprend[a] le attivita' delle  assemblee  regionali  di  carattere
amministrativo (vale a dire  [...]  le  attivita'  di  organizzazione
degli uffici e quelle attinenti al personale dipendente)» (cfr. Corte
costituzionale, 2  giugno  1994,  n.  209)  cosi'  distinguendosi  la
posizione dei consiglieri - comunque garantiti  nell'esercizio  della
funzione legislativa, di quella di  indirizzo  politico,  nonche'  di
quelle amministrative - da quella dei componenti degli  altri  organi
istituzionali regionali, e cio'  proprio  in  relazione  al  tipo  di
attivita' svolta (cfr. Corte costituzionale, 27 marzo  1975,  n.  81;
Corte costituzionale, 20 marzo 1985, n. 69). 
    Riguardo alla attivita' consultiva delle  Assemblee  legislative,
attenta dottrina ha rilevato altresi' come «l'espressione  di  pareri
su atti del  Governo  rappresenta  certamente  una  delle  principali
manifestazioni  della  funzione  di  controllo  del  Parlamento   nei
confronti dell'esecutivo. Una funzione che costituisce, per un verso,
il corollario  necessario  ed  imprescindibile  del  principio  della
separazione dei poteri e, per l'altro verso, vanta una  significativa
primogenitura nei confronti delle altre funzioni imputate  al  potere
legislativo [corsivo aggiunto,  n.d.r..]»  (in  tal  senso  A.  Casu,
Considerazioni in tema di parere parlamentare su atti del Governo, in
Il Parlamento della Repubblica: organi,  procedura,  apparati,  Roma,
Camera dei deputati, 1992, pag. 295). 
    Nell'ambito  dell'ordinamento  regionale  siciliano,  l'esercizio
della predetta funzione di controllo e'  stato  codificato  ai  sensi
dell'art. 70-bis del regolamento interno  dell'A.R.S.  (approvato  ai
sensi dell'art. 4 dello statuto speciale) il cui primo comma  prevede
che «nei casi in cui il Governo sia tenuto per legge a richiedere  un
parere parlamentare  in  ordine  ad  atti  che  rientrano  nella  sua
competenza,  la  relativa  richiesta  e'  inoltrata   al   Presidente
dell'Assemblea che la assegna alla  Commissione  competente  in  base
alle norme della legge e del regolamento interno  [corsivi  aggiunti,
n.d.r.]». 
    Posto che la natura  «politica»  dei  relativi  pareri  e'  stata
riconosciuta   come   tale   anche   dalla    suprema    magistratura
amministrativa regionale - la  quale  ha  rilevato  come  essi  siano
«pareri non tecnici ma lato sensu politici, frutto di  piu'  generali
valutazioni relative agli indirizzi dell'A.R.S. in  materia»  e  cio'
proprio perche' resi da una «Commissione legislativa, la quale non e'
una amministrazione preposta alla tutela di  settore»  (cfr.  C.G.A.,
sez. giur., sent. 31 ottobre 1995, n. 309) - appare di tutta evidenza
come la richiesta della  Procura  regionale  della  Corte  dei  conti
interferisca nella procedura descritta proprio dal citato art. 70-bis
e, di conseguenza, riguardi  una  attivita'  per  cio'  sottratta  al
sindacato giurisdizionale del giudice contabile. 
    Ed invero, la matrice  normativa  della  attivita'  (sub  iudice)
della VI Commissione legislativa deve essere identificata  sia  nella
previsione di cui alla 1.r. n. 30/2000, secondo  comma  dell'art.  11
(«Proroga del termine per la gestione dello sistema  di  emergenza  e
del numero unico 118 di cui al  comma  1  dell'art.  39  della  legge
regionale 7 agosto 1997, n. 30»)  ai  sensi  del  quale  «l'Assessore
regionale per la sanita' provvede alla stipula  del  nuovo  contratto
[...]  su  conforme  parere  favorevole  espresso  dalla  Commissione
legislativa  Serviti  sociali  e  sanitari  dell'Assemblea  regionale
siciliana  [corsivo  aggiunto,  n.d.r.]»,  sia  nel   secondo   comma
dell'art.  21  della  relativa  Convenzione  («Convenzione   per   lo
svolgimento delle attivita' di trasporto sanitario e  di  emergenza»)
ai sensi del quale «ogni modifica alla presente  Convenzione  o  atto
aggiuntivo ad essa dovranno essere sottoposti  al  preventivo  parere
della Commissione legislativa  sanita'  e  serviti  sociali  [corsivo
aggiunto, n.d.r.]». 
    Il combinato disposto dalle suddette norme - in  armonia  con  la
previsione di cui all'art. 70-bis del regolamento interno dell'A.R.S.
e, quindi,  presidiato  dall'art.  4  dello  Statuto  speciale  della
regione siciliana (su cui cfr. Corte costituzionale, 30 giugno  1964,
n. 66: «non si nega all'Assemblea regionale Siciliana  l'indipendenza
nella misura necessaria ad assicurare il libero esercizio  delle  sue
funzioni legislative e politiche: il potere di regolamento,  infatti,
offre la possibilita' di dettare norme di organizzazione dei  servizi
e degli uffici e di disciplina dei rapporti  coi  dipendenti  secondo
l'autonomo apprezzamento che l'Assemblea fa  delle  proprie  esigenze
[corsivo aggiunto, n.d.r.]») - indubitabilmente chiarisce come la  VI
Commissione legislativa abbia  reso  il  suddetto  parere  nel  pieno
esercizio di una funzione di  «controllo  e  direzione  (lato  sensu)
politica»,   rientrante   nell'alveo   della   relativa   prerogativa
costituzionalmente garantita. 
    Dalla natura acclaratamente politica  della  funzione  esercitata
dunque discende - giusto il consolidato  orientamento  dottrinale  di
codesta ecc.ma Corte, cosi' come supra riferito - sia la  statuizione
di principio attinente alla qualifica soggettiva, ovvero alla «natura
politica», dell'Organo assembleare e dei suoi organi interni sia,  di
conseguenza, l'esclusione  della  applicabilita'  dell'art.  74  T.U.
Corte dei conti all'A.R.S. ed alla  VI  Commissione  legislativa:  le
stesse infatti non sono  configurabili  alla  stregua  di  «autorita'
amministrative» e non possono essere comunque legittime  destinatarie
della richiesta avanzata dalla  Procura  regionale  della  Corte  dei
conti, formulata ai sensi della predetta norma. 
    In effetti la rilevanza del suddetto «modello funzionale» esclude
la applicabilita' del citato art. 74 T.U. Corte dei conti al caso  in
esame: la specifica attivita' svolta dalla VI Commissione legislativa
«Sanita' e servizi sociali»  -  in  ottemperanza  all'art.  21  della
Convenzione, come richiamato dall'art. 11 della  l.r.  n.  30/2000  e
dall'art. 70-bis del Reg. int. A.R.S. - non  puo'  essere  ricondotta
nell'alveo di funzioni di «organizzazione degli uffici» e/o attinenti
alla «gestione del personale dipendente». La richiesta della  Procura
regionale ha ad  oggetto,  invero,  una  attivita'  (i.e.  il  parere
relativo alla regolamentazione e gestione del servizio  di  emergenza
«118» da parte della Regione Siciliana) che deve ritenersi certamente
ricompresa, viceversa, nell'ambito di quelle inerenti lo  svolgimento
delle funzioni legislative ovvero di quelle direttamente  strumentali
all'esercizio  di  queste  ultime;  in   altri   termini,   attivita'
qualificabili lato sensu come «politiche» (cfr. supra, § 2.1). 
    In nessun modo tale  parere  -  che  peraltro  costituisce,  come
espressamente riconosciuto dalla stessa Procura e come  fatto  palese
dal  richiamato  combinato  normativo,   un   atto   necessario   del
procedimento  di  gestione  del  suddetto  servizio  -  puo'   essere
ascritto,  dunque,  nell'alveo  di  quelle  attivita'  di   carattere
amministrativo in ordine alle quali trova accoglimento la nozione  di
«autorita' amministrativa» contenuta nell'art. 74 del r.d. 1214/1934. 
    La rilevanza del suddetto nesso funzionale si esprime,  peraltro,
anche nel peculiare status dei parlamentari  regionali:  e'  notorio,
infatti, che le prerogative costituzionalmente attribuite  ai  membri
eletti del Parlamento  nazionale,  ai  sensi  dell'art.  68,  debbano
ritenersi estese anche ai parlamentari regionali,  giusta  l'espressa
previsione di cui all'art. 122, comma 4  (cfr.,  rispettivamente,  «I
membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere  delle
opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro  funzioni
[...]  I  consiglieri  regionali  non  possono  essere   chiamati   a
rispondere delle opinioni espresse e  dei  voti  dati  nell'esercizio
delle loro funzioni»;  cfr.  nello  Statuto  speciale  della  Regione
Siciliana:  «i  deputati  non  sono  sindacabili  per  i  voti   dati
nell'Assemblea regionale e per le  opinioni  espresse  nell'esercizio
della loro funzione», art. 6, r.d.l. n. 455/1946, convertito in legge
cost. n. 2/1948). 
    Come ha  rilevato  codesta  ecc.ma  Corte  «le  attribuzioni  dei
Consigli regionali si inquadrano [...] nell'esplicazione di autonomie
costituzionalmente garantite [...] Cosi' il  legislatore  costituente
ha previsto all'art. 122, quarto comma, Cost., la non responsabilita'
dei consiglieri regionali per le opinioni espresse  ed  i  voti  dati
nell'esercizio  delle  loro  funzioni  [...]  spiccano  tra  esse  la
funzione legislativa e di indirizzo  politico.  La  irresponsabilita'
[...] comprende quindi certamente le opinioni ed i  voti  manifestati
nell'esercizio  delle  funzioni  spettanti  al   Consiglio   [corsivi
aggiunti, n.d.r.]» (cfr. Corte costituzionale, 27 marzo 1975, n. 81).
In particolare,  relativamente  alla  estensione  dell'immunita'  dei
consiglieri regionali, Essa ha  sancito  come  la  stessa  avesse  ad
oggetto «la funzione  legislativa  e  quella  di  indirizzo  politico
svolte dai consigli regionali,  nonche'  le  funzioni  amministrative
attribuite al consiglio« precisando, altresi', come «il  criterio  di
delimitazione dell'immunita' [...] non  [stesse]  nella  forma  degli
atti deliberati,  coprendo  tale  immunita'  oltre  che  la  funzione
legislativa anche quelle  politica  e  amministrativa,  bensi'  nella
fonte  attributiva  delle  funzioni  alla  regione,  nel  senso   che
l'immunita' puo' essere riconosciuta solo con riferimento a  funzioni
o attivita' attribuite alla regione dalla  Costituzione  o  da  leggi
statali [corsivi aggiunti, n.d.r.]» (cfr.  Corte  costituzionale,  20
marzo 1985, n. 69; in senso conforme cfr.  Corte  costituzionale,  20
dicembre 1994, n. 432; sui profili «oggettivi» della insindacabilita'
si veda, recentemente, ex plurimis Corte  costituzionale,  16  luglio
2008, n. 279). 
    Il suddetto indirizzo ermeneutico  -  relativo  alla  limitazione
della giurisdizione sotto il profilo  c.d.  «oggettivo»  -  e'  stato
accolto finanche dallo stesso giudice contabile,  laddove  questi  ha
affermato come «ai sensi dell'art. 6 dello statuto della Reg. Sicilia
i  deputati  regionali  non  sono  sindacabili  per   i   voti   dati
nell'assemblea regionale e per le  opinioni  espresse  nell'esercizio
della loro funzione: tale guarentigia costituzionale comprende  anche
il  potere  di  dettare  norme  di  organkzaione  dei  servizi  e  di
disciplinare  i  rapporti  con  i   dipendenti   secondo   l'autonomo
appreamento che l'assemblea fa delle proprie esigenze; va,  pertanto,
esclusa la giurisdizione del  giudice  contabile  nei  confronti  dei
deputati   regionali,   componenti   il   consiglio   di   presidenza
dell'assemblea regionale siciliana (A.R.S.), per aver adottato  norme
di  carattere  regolamentare  in  materia  di  stato  economico   del
personale, trattandosi  di  funzione  loro  espressamente  attribuita
dall'art. 4 dello statuto [corsivo aggiunto, n.d.r.]» (cfr. Corte dei
conti Reg. Sicilia, sez. giur., 8 settembre 1997, n. 238). 
    Gia' dalle premesse considerazioni pare  possibile  dedurre  -nel
caso di specie - l'infondatezza della richiesta  avanzata  all'A.R.S.
dalla   Procura   regionale   della   Corte   dei   conti,    sezione
giurisdizionale per la Regione Siciliana. 
    Ma v'e' di piu'. 
    A suffragio di tale conclusione infatti, e' possibile  richiamare
ulteriori e recenti considerazioni licenziate - in un caso del  tutto
analogo a quello in esame - da codesta  ecc.ma  Corte,  la  quale  ha
stabilito come «non spetta allo Stato e,  per  esso,  al  Procuratore
regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per
la Regione Siciliana emettere [...] ordini di esibizione  diretti  ai
rappresentanti legali  di  tutti  i  gruppi  parlamentari  costituiti
presso l'Assemblea regionale Siciliana, con i quali viene ordinato di
esibire in forma integrale la documentazione  e  gli  atti  contabili
pertinenti   le   contribuzioni   ed   i   finanziamenti    liquidati
dall'Assemblea  regionale  siciliana,  con  conseguente  annullamento
degli ordini di esibizione predetti.  Non  sussistendo,  infatti,  in
capo all'organo emanante  un  potere  di  controllo  generalizzato  e
permanente, gli ordini di esibizione impugnati si distinguono per una
genericita' soggettiva  ed  oggettiva,  sintomatica  di  attribuzioni
esercitate  in  modo  eccedente   rispetto   ai   confini   tipizzati
dall'ordinamento,  si'  da  produrre  una  menomazione  nella   sfera
presidiata dalle garanzie di  autonomia  della  funzione  legislativa
della Regione ricorrente  [corsivi  aggiunti,  n.d.r.]»  (cfr.  Corte
costituzionale, 27 luglio 2005, n. 337). 
    Dalle superiori considerazioni, emerge con  evidenza  l'obiettivo
di codesta ecc.ma Corte  di  identificare  una  «area  funzionale»  -
connotata  proprio  dalle  particolari  attribuzioni   costituzionali
dell'Assemblea elettiva  -  rispetto  alla  quale  si  deve  ritenere
limitato,  sia  soggettivamente  sia  oggettivamente,  il  potere  di
intervento dell'Autorita' giudiziaria ordinaria ed amministrativa.  E
che nell'ambito della suddetta «area funzionale» non  possa  incidere
nemmeno  la  valutazione  della  stessa  Corte  -  seppure  di   mera
ragionevolezza - pare confermato nella sentenza 94 del 1995,  laddove
era gia' stato  sancito  come  non  spettasse  comunque  ad  Essa  di
valutare  eventuali  incongruenze  procedurali  nella  formazione  di
disposizioni di legge regionale (siciliana), in relazione all'art. 12
dello Statuto, in quanto ricavabili da distinte norme del regolamento
interno dell'Assemblea regionale Siciliana (in tal senso  cfr.  Corte
costituzionale, 30 marzo 1995, n. 94). 
    Tanto Premesso dunque, si puo' ritenere ormai acquisito  il  dato
per cui l'insindacabilita' parlamentare - anche a livello regionale -
si estende a tutti «quei comportamenti che, pur  non  rientrando  fra
gli atti tipici, siano collegati da nesso funzionale con  l'esercizio
delle attribuzioni proprie dell'organo di appartenenza»  (cfr.  Corte
costituzionale, 22 ottobre 1999, n. 391). 
    Ed e' nel solco di tale giurisprudenza che si iscrivono,  allora,
anche quelle  note  dottrinali  volte  ad  indicare  quali  siano  le
attivita' (regionali) coperte  dall'insindacabilita',  configurandosi
cosi' una omogenea categoria di atti che «costituiscono  esplicazione
di una funzione affidata a[l Consiglio] dalla stessa  Costituzione  o
da altre fonti normative cui la stessa rinvia» (in tal senso si  veda
A. Pertici, Art. 122, in R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti [a  cura
di], Commentario alla Costituzione, Torino, 2006, pag. 2444;  ivi  si
veda, altresi', M.  Cerase,  Art.  68);  certamente  rientrano  nella
suddetta categoria l'attivita' legislativa, quella di vigilanza e  di
controllo; l'attivita' amministrativa e di autorganizzazione  interna
(cfr. A. Pertici, ibidem, e giurisprudenza ivi citata). 
    Con  particolare  riferimento,  poi,  all'ampio  potere  che   il
Procuratore della Corte dei conti ha nei giudizi  di  responsabilita'
per danno erariale, sempre la dottrina ha sottolineato come lo stesso
debba essere esercitato comunque in presenza di fatti  o  di  notizie
che  facciano  presumere   comportamenti   di   pubblici   funzionari
ipoteticamente configuranti illeciti produttivi di danno  erariale  e
deve essere  diretto  ad  acquisire  atti  o  documenti  precisamente
individuabili, di modo  che  l'attivita'  del  procuratore  cui  tali
richieste ineriscono non possa essere considerata come una  impropria
attivita' di  controllo  generalizzata  e  permanente.  Sicche'  tale
attivita' inquisitoria, ove non suffragata  da  elementi  concreti  e
specifici - poiche' svolta sulla base di  mere  ipotesi  ed  astratte
supposizioni,  in  relazione  ad  un  intero  settore  di   attivita'
amministrativa - trasmoderebbe in una vera  e  propria  attivita'  di
controllo da parte di un organo che, per legge, non e'  abilitato  ad
effettuarlo  (cfr.  M.  Pieroni,  La   giurisprudenza   della   Corte
costituzionale del 2005 in tema  di  giurisdizione  della  Corte  dei
conti: la pronuncia n. 337, in Foro amm., 2005, 12, 3558; ed  ivi  la
giurisprudenza citata; in particolare cfr. Corte  cost.,  sentt.  nn.
104/1989, 100/1995, 209/1994). 
    Posto dunque che l'ordinamento interno  dell'A.R.S.  incontra  il
solo  limite  della  Costituzione  e  dello  statuto  speciale,  pare
evidente - alla stregua delle superiori considerazioni  problematiche
- che la suddetta area funzionale, sulla quale si estende il  vincolo
di insindacabilita', configuri un limite di carattere «oggettivo»,  e
non  gia'  solo  «soggettivo»,  all'esplicazione  del  potere  (anche
meramente  istruttorio)  dall'Autorita'   giudiziaria.   Impostazione
confermata,  peraltro,  dalla   citata   giurisprudenza   di   merito
-amministrativa e contabile siciliana - laddove essa ha rilevato come
oggetto del sindacato giurisdizionale puo' essere solo la conformita'
dei  provvedimenti  adottati  dagli  organi  di  autogoverno  con  le
disposizioni contenute nei regolamenti interni, approvati sulla  base
della potesta' normativa della Assemblea. 
    3. - Profili di legittimita' e di merito: oggetto e limiti  della
giurisdizione contabile (cenni); genericita' della richiesta. 
    Per  completezza  espositiva  corre   l'obbligo   di   rassegnare
brevemente oggetto e  limiti  della  giurisdizione  contabile  e  del
relativo  controllo,  in  quanto  afferenti  alla  risoluzione  della
fattispecie  in  esame.  Il  raccordo  fra  limite  «soggettivo»   ed
«oggettivo» alla controllo esercitato dalla Corte dei conti  -  cosi'
come rassegnato sub §2.1 e 2.2 -  puo'  essere  ricondotto,  infatti,
proprio ai confini tracciati dal Legislatore ed,  a  fortiori,  dalla
dottrina e dalla giurisprudenza intorno  alle  funzioni  del  Giudice
contabile. 
    Come e' noto la Corte dei conti e' titolare (ex art.  103  Cost.)
della  funzione  giurisdizionale  contabile;  l'esercizio   di   tale
funzione e' integralmente disciplinato dagli artt. 44 e seguenti  del
T.U. Corte dei conti (oltreche'  dal  regolamento  di  procedura  del
1933) e si estende dal giudizio sugli agenti contabili  dello  Stato,
alle ipotesi di irregolarita' di gestione e di comportamenti  dannosi
posti in essere dai funzionari: sotto questo profilo la  Costituzione
ha prefigurato il giudice  contabile  alla  stregua  di  un  «giudice
amministrativo speciale», titolare della «giurisdizione nelle materie
di contabilita' pubblica e nelle altre specificate dalla legge» (cfr.
A. Bax, La Corte dei conti, Napoli, 2004, pag. 153;  Domenichelli,  I
giudizi della Corte dei conti,  in  AA.VV.,  Diritto  amministrativo,
pag. 2125). 
    A fronte della sua vis expansiva, i confini di tale giurisdizione
- che  la  menzionata  dottrina  definisce,  altresi',  come  «piena,
esclusiva e tendenzialmente generale» - sono  stati  ricondotti  alle
sole  materie  espressamente  previste  dal  Legislatore  proprio  da
codesta ecc.ma Corte, la quale ha stabilito come «la Corte dei  conti
e' titolare di giurisdizione sulle materie di contabilita'  pubblica,
comprendente sia i giudizi di conto sia quelli di  responsabilita'  a
carico degli impiegati e degli agenti contabili dello Stato  e  degli
enti pubblici economici. La materia della  contabilita'  pubblica  e'
sufficientemente      individuata      nell'elemento       soggettivo
(amministrazione pubblica soggetto passivo del danno) e nell'elemento
oggettivo (qualificazione pubblica del  denaro  e  del  bene  oggetto
della gestione). Peraltro, anche in tale  materia,  la  giurisdizione
della Corte dei conti e' solo tendenzialmente generale e sono  sempre
possibili  deroghe  mediante   apposite   disposizioni   legislative.
Comunque l'attribuzione di giurisdizione alla Corte dei conti postula
puntuali disposizioni legislative, tenuto conto  che  in  difetto  di
tali disposizioni la giurisdizione spetta al giudice  ordinario,  che
normalmente  conosce  delle  controversie  in  materia   di   diritti
soggettivi [corsivi aggiunti, n.d.r.]» (cfr. Corte costituzionale, 30
dicembre 1987, n. 641). 
    La  suddetta   delimitazione   legislativa   dell'oggetto   della
giurisdizione contabile  -  peraltro  in  linea  con  il  tendenziale
abbandono  del  c.d.  «criterio   della   causa   petendi»   per   la
identificazione della competenza giurisdizionale (su cui si  veda  F.
Caringella, Il riparto di giurisdizione in  base  al  criterio  della
causa petendi, in Trattato di giustizia amministrativa. Il riparto di
giurisdizione, II ed., Milano, pag. 123; in giurisprudenza cfr. Cons.
di Stato, ad. plen. n. 1/2000) - ed il contestuale allineamento della
stessa con quella ordinaria ed  amministrativa,  giusta  la  omogenea
previsione di cui al secondo comma dell'art. 111  Cost.,  esclude  in
limine  quindi  che  la  cognizione  della  Corte  dei  conti   possa
estendersi  aldila'   dei   confini   espressamente   stabiliti   dal
Legislatore;  ne  discende,  altresi',  che  i  suddetti  limiti   si
estendono ai modi di esercizio della giurisdizione -  anche  in  sede
istruttoria - nel rispetto delle medesime previsioni normative. 
    Alla luce di tale premessa ermeneutica - senza entrare nel merito
della nozione di «controllo» per la quali si rinvia,  volendo,  a  G.
Berti e L. Tumiati, Controlli amministrativi (voce), ed S.  Galeotti,
Controlli costituzionali (voce), in Enc. giur., X, pagg. 298 e ss.) -
deve essere interpretato, dunque, il gia' citato articolo 74 del T.U.
Corte dei conti. Rispetto  alla  relativa  collocazione  (Titolo  II,
«Attribuzioni  della  Corte  dei  conti»;   Capo   V,   «Attribuzioni
giurisdizionali»; Sezione IX,  «Norme  comuni»)  i  mezzi  istruttori
previsti dalla citata norma - ed i connessi,  pur  ampi,  poteri  del
p.m.  -  non  possono  che  articolarsi  entro  i  limiti  stabiliti,
nell'ambito dell'ordinamento giuridico, dalla  Costituzione  e  dalle
leggi (anche attraverso  l'interpretazione  resa  da  codesta  ecc.ma
Corte). 
    Nel caso in esame, invero, tali previsioni - e conseguenti limiti
- sono quelle di cui ai  gia'  citati  artt.  4  e  6  dello  Statuto
speciale della Regione  Siciliana,  70-bis  del  regolamento  interno
dell'A.R.S. e -  di  riflesso  -  gli  artt.  68,  122  e  103  della
Costituzione; nonche' lesi risultano - nella medesima  prospettiva  -
l'artt. 12  dello  statuto  speciale  e  gli  artt.  5  e  116  della
Costituzione. 
    Quanto al merito della  richiesta,  e'  opportuno  richiamare  in
questa sede il recente ammonimento di codesta ecc.ma Corte la quale -
ritenendo non sussistente in capo alla Corte dei conti (rectius, alla
Procura  regionale)  un  «potere   di   controllo   generalizzato   e
permanente» - ha ritenuto che non spettasse allo Stato e,  per  esso,
al Procuratore regionale  presso  la  sezione  giurisdizionale  della
Corte  dei  conti  per  la  Regione  Siciliana  «emettere  ordini  di
esibizione  diretti  ai  rappresentanti  legali  di  tutti  i  gruppi
parlamentari costituiti presso l'Assemblea regionale  Siciliana»,  in
quanto connotati da «genericita'  soggettiva  ed  oggettiva»,  dunque
«sintomatica di attribuzioni esercitate in modo eccedente rispetto ai
confini tipizzati dall'ordinamento, si da  produrre  una  menomazione
nella sfera presidiata dalle garanzie  di  autonomia  della  funzione
legislativa della regione». 
    Alla  luce  di  tale  considerazione  deve  essere  interpretata,
invero, la predetta richiesta. Ed, in tal senso, non si puo'  fare  a
meno di rilevare come, nonostante  la  Procura  regionale  motivi  la
stessa «per ragioni di giustizia» e la  fondi  «sull'accertamento  di
una ipotesi di danno erariale ben specificata»  -  accertamento,  per
vero, riservato  alla  potesta'  giudiziaria  del  p.m.  contabile  e
prerogativa della medesima autorita'  -  cosi'  riservandosi  in  via
esclusiva il sindacato sugli ambiti  di  utilizzabilita'  degli  atti
istruttori (sui predetti punti si veda all. 1, lett. a-f),  la  ratio
sottesa  alla  medesima  richiesta  documentale  resta  implicita  e,
dunque, generica rispetto  alle  finalita'  istruttorie  cui  sarebbe
preordinata. 
    Non e' dato riscontrare, infatti, in alcuno  dei  passaggi  delle
note impugnate - assolutamente laconica la prima;  solo  parzialmente
articolata la seconda e, per lo piu', solo in quanto  contraddittoria
rispetto alla replica dell'A.R.S. - il  contenuto  minimo  essenziale
richiesto da codesta ecc.ma Corte per fondare la  richiesta,  aldila'
di possibili lesioni delle competenze regionali. 
    4. - Sospensione cautelare degli effetti  degli  atti  impugnati:
perticulum in mora. 
    In conclusione, alla luce di tali  ultime  osservazioni,  restano
ferme   le   considerazioni   licenziate   supra   §2.1,   circa   la
incompatibilita' «soggettiva» tra la  natura  degli  Enti  de  quibus
(A.R.S. e VI Commissione  legislativa)  e  la  normativa  invocata  a
sostegno della richiesta di produzione documentale nonche' (supra §2)
quelle relative alla incompatibilita' «oggettiva»,  relativamente  al
rapporto   tra   attivita'   svolta   e   sindacato   giurisdizionale
(contabile). 
    Poste le suddette premesse - nelle quali si compendia  ex  se  il
fumus boni iuris - risulta evidente come la produzione degli  effetti
delle note della Procura regionale della Corte dei conti, prott.  nn.
V2004/02654/GA/329641  e  V2004/02654/GA/331032,  determinerebbe  una
grave lesione  nel  procedimento  legislativamente  previsto  per  la
modifica della Convenzione fra la Regione Siciliana e la  C.R.I.  per
la gestione del numero unico 118; invero  costituendo  il  parere  in
oggetto, come evidenziato supra, §2.1 e 2.2, elemento necessario  per
l'integrazione della suddetta Convenzione - qualora  il  procedimento
istruttorio instaurato dalla Procura  regionale  dovesse  interferire
con lo stesso, determinandone la sospensione o il  rallentamento,  ne
risulterebbe grave nocumento non solo per l'adeguata operativita' del
servizio de quo (la cui rilevanza civile e sociale e' in re ipsa)  ma
anche per il corretto svolgimento delle funzioni dell'Ente regione.